Imperfetto ma vero – in ciò che manca una presenza

Imperfetto ma vero – in ciò che manca una presenza

Nel cuore della Milano pronta ad accogliere i suoi cittadini in difficoltà, Casa Jannacci, il 19 novembre si è svolto il convegno “Imperfetto ma vero – in ciò che manca una presenza”, un appuntamento che ha rilanciato il desiderio dopo 35 anni dalla fondazione della nostra cooperativa di accompagnare in un lavoro educativo le persone, per riconoscerne il valore intrinseco a prescindere dalla difficoltà.

Quarant’anni fa, un gruppo di amici, mossi dall’intuizione educativa di don Fabio Baroncini, decise di rispondere concretamente al bisogno di una famiglia con una figlia con disabilità. Da quel momento in poi la storia di Cura e Riabilitazione si è basata sull’ascolto profondo delle esigenze delle persone incontrate, ospiti, famiglie, lavoratori, istituzioni, realtà profit e non profit, mettendo al centro il desiderio di valorizzare le potenzialità individuali e creando servizi che andassero oltre il semplice concetto di assistenza.
“In ciò che manca una presenza” non è solo una citazione, ma un invito a trasformare ogni limite in una risorsa umana e sociale.

Coordinato da Stefano Gheno, presidente di CdO Opere Sociali, il tavolo di lavoro si è contraddistinto per la ricchezza dei contributi, che hanno saputo intrecciare testimonianze personali e riflessioni istituzionali, e per aver dato voce all’impegno ad abbattere le barriere e promuovere una logica educativa efficace.

L’Assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità Elena Lucchini ha introdotto i lavori presentando le trasformazioni in atto nel sistema assistenziale della Regione Lombardia. Attraverso progetti innovativi – dalla legge sulla vita indipendente ai bandi per l’inclusione socio-lavorativa – ha mostrato come la collaborazione tra pubblico e privato sia fondamentale per ricostruire un’offerta di servizi in grado di rispondere in modo efficace ai bisogni di famiglie e persone fragili.

Con grande emozione Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha ricordato come la capacità di accogliere chi ha sete, fame o solitudine rappresenti il vero volto della misericordia. Seguendo il messaggio di Papa Francesco – che i poveri evangelizzano non con i discorsi, ma con la loro esistenza – ha invitato tutti a riscoprire il valore dell’accoglienza autentica, una “sovrabbondanza d’amore” che permette di superare la logica assistenziale tradizionale.

Per Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, l’incontro tra operatore e assistito non deve essere ridotto a una mera prestazione tecnica, ma trasformarsi in una “compagnia umana” in cui la passione diventa il motore capace di far emergere i talenti e di rendere ogni relazione un’esperienza di crescita condivisa. La passione – quella che rende ogni intervento un gesto d’amore e che trasforma il “fare” in un impegno di vita – deve essere sempre al centro, affinché l’educazione diventi un processo dinamico e umano.

Il tema della collaborazione è emerso con forza durante il convegno. Guido Ciceri, direttore generale di Sercop, ha richiamato l’importanza della co-progettazione, intesa non come una semplice tecnica amministrativa, ma come una cultura della fiducia e della partecipazione attiva. Per lui come per Vittadini l’unione tra istituzioni e gli enti del terzo settore è indispensabile per dare risposta a esigenze sempre in evoluzione, dove il dialogo costante e la capacità di adattarsi ai cambiamenti diventano strumenti per innovare il sistema assistenziale. Ha evidenziato anche come il riconoscimento sociale e la valorizzazione del lavoro degli operatori siano indispensabili per alimentare quel “fuoco” interiore che rende possibile affrontare le sfide quotidiane con creatività e dedizione. La sua riflessione ha sottolineato il bisogno di creare comunità accoglienti, dove i servizi siano parte integrante di un tessuto sociale che stimoli l’inclusione e la partecipazione attiva.

Samuele Ornaghi de La Mongolfiera ha raccontato come questa realtà sia nata dall’esperienza di una famiglia alle prese con la disabilità di una figlia. Da un iniziale bisogno di sostegno economico e di compagnia, l’associazione si è evoluta in un vero e proprio punto di riferimento, capace di offrire bandi annuali, incontri di condivisione e una rete di volontari. Ha testimoniato il desiderio di un bambino che nonostante le difficoltà desiderava imparare a suonare il pianoforte evidenziando l’importanza della comunità nell’accompagnare il lavoro di cura, nel riconoscere ogni persona come un dono.

La giornata si è conclusa con un caloroso ringraziamento da parte del nostro direttore Antonello Bolis, che ha sottolineato come le testimonianze raccolte abbiano saputo raccontare in maniera sorprendente e corrispondente la nostra esperienza di questi anni. L’intervento finale ha riecheggiato il messaggio del Ministro per le disabilità, il quale ha ricordato che la riforma in atto – basata sull’introduzione del “progetto di vita” – rappresenta una svolta concreta per superare le frammentazioni esistenti e per valorizzare la persona e la sua famiglia.

I 35 anni di Cura e Riabilitazione testimoniano un percorso fatto di incontri, emozioni e sfide quotidiane, un percorso che oggi si proietta in un mondo in cui il riconoscimento della persona e la valorizzazione del suo potenziale restano al centro. La presenza autentica – quella che colma ogni vuoto e trasforma ogni limite in una ricchezza – è il vero motore del cambiamento.

La conversazione è appena iniziata: insieme, teniamo acceso il faro dell’inclusione e della speranza.